Il punto sulla Benetton Treviso a metà stagione

benetton_1(foto: benettonrugby.it)

Arriva oggi la seconda parte del nostro punto sulle due squadre italiane impegnate nel torneo Guinnes Pro14. La Benetton Treviso ha conseguito un successo importante lo scorso Sabato a Monigo: una vittoria che permette ai biancoverdi di continuare nella loro rincorsa ad Edimburgo e all’importante terzo posto nel loro girone B.
Insieme a Ludovico Guarneri di Fratelli di Rugby abbiamo intervistato Barbini e Bortolami, siamo andati a vedere i minuti giocati di tutti i giocatori dai vari giocatori per poi, infine, trarre qualche conclusione anche a fronte dei risultati ottenuti fino ad oggi.

Kieran Crowley aveva iniziato a dare i suoi primi input alla squadra della Marca già prima di arrivare in suolo italiano, quando Marius Goosen aveva preso le redini della squadra dopo l’esonero di Casellato. Siamo dunque alla seconda stagione per l’allenatore neozelandese e il lavoro ha iniziato a pagare. Il processo è stato lento, metodico e poco accattivante per i tifosi che per più di una stagione hanno visto un rugby che stava ripartendo dalle basi: una difesa solida.
Ma a che risultati possono puntare i biancoverdi quest’anno, e quali prospettive si possono forse intravedere per le prossime stagioni, visti anche i rinnovi appena firmati da tutto lo staff tecnico?

Per meglio inquadrare la situazione iniziamo quest’analisi dando un’occhiata ai minutaggi dei giocatori impegnati da coach Crowley.

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Innanzitutto bisogna precisare che questi numeri sono stati compilati una partita dopo rispetto a quelli nell’articolo di qualche giorno fa sulle Zebre di Parma.
Detto questo vediamo che ci sono cinque giocatori fondamentali che hanno accumulato più di 1000 minuti complessivi, più Sperandio con i suoi quasi 900. Sotto di loro però c’è un folto gruppo di sedici giocatori che hanno tra i 500 e gli 800 minuti nelle gambe. Una statistiche che dimostra come, tolti “i cinque indispensabili”, il lavoro sia stato spalmato su di un numero abbastanza ampio di atleti. In molte partite giocatori in buone condizioni fisiche sono stati tenuti fuori per scelta tecnica, mentre altri, rientranti da infortuni come per esempio Luca Morisi, sono stati centellinati. Una situazione che, rispetto agli ultimi anni, e rispetto alle Zebre, è un lusso. Un lusso che dovrebbe essere normale ma non lo è stato per anni e che è arrivato anche grazie ai giocatori aggregati a stagione in corso. Due di questi, bisogna inoltre notare, sono stati fondamentali per il miglioramento dell’attacco della squadra: Hame Faiva e Monty Ioane, con le loro sei mete complessive, hanno accelerato un processo di crescita che arriva da lontano.

Ma per entrare più nel dettaglio abbiamo fatto qualche domanda a Marco Bortolami, allenatore degli avanti e della rimessa laterale dei leoni:

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Marco Bortolami (foto: facebook)

Come valuti, ad oggi, la stagione della squadra?

Direi che stiamo facendo una crescita graduale ma consistente. In tutte le partite di questa stagione siamo stati in grado di confrontarci alla pari con i nostri avversari, anche in Champions Cup e questo è molto importante perché dimostra la sostanza del lavoro che stiamo portando avanti.

Immagino che ci siano degli obbiettivi dichiarati per la stagione, puoi dire qualcosa in merito? Pensi sia verosimile che vengano raggiunti e soprattutto ritieni che la filosofia dell’allenatore porterà vantaggi nel tempo? 

L’obiettivo è di fare la migliore stagione possibile, realisticamente provare a qualificarsi per la Champions Cup del prossimo anno, sarà molto dura e difficile ma volgiamo continuare ad avvicinarci più possibile alle migliori squadre europee. Credo sia possibile ma non facile, al momento Edimburgo ha 8 punti di vantaggio ma ci sono ancora molte partite da giocare! La nostra metodologia di allenamento è basata sul trasferimento di responsabilità ai giocatori perché poi trovino le migliori soluzioni in campo. Questo ovviamente richiede del tempo per educare i giocatori ad un diverso approccio ma quando questo si radica garantisce dei miglioramenti a lunghissimo termine.

Quali pensi siano gli elementi più importanti introdotti da Crowley nella gestione tecnico-organizzativa della squadra?

Trasferimento di responsabilità dentro e fuori il campo attraverso il coinvolgimento diretto dei giocatori nelle decisioni tecniche ed organizzative. Questo permette ai giocatori di riconoscersi nel progetto ed investire tutte le loro energie in quello che fanno. Entusiasmo, coinvolgimento e focus sui singoli miglioramenti da ottenere. Poi c’è l’aspetto mentale che è centrale per un atleta di alto livello, ma questo è personalizzato e passa attraverso un rapporto costante con ogni giocatore. Ovviamente ci sono giocatori più abili e sensibili che hanno fatto dei miglioramenti consistenti ed altri che fanno un po’ più fatica… ma questo è la natura dello sport. Il nostro obiettivo come staff è creare le condizioni migliori affinché ogni giocatore raggiunga il suo maggior potenziale.

Tra poco il 6N decimerà di titolari il gruppo, come vi state attrezzando per affrontare questa situazione?

Siamo in attesa delle convocazioni, la mia speranza è che molti giocatori siano convocati perché una delle cose che sto cercando di trasmettere ai giocatori è l’aspirazione di giocare il loro miglior rugby al più alto livello possibile. Lo staff medico e riabilitativo ha fatto nelle ultime settimane un grandissimo lavoro per metterci a disposizione gran parte della rosa e credo rimarremo competitivi anche durante il 6 nazioni.

Alcune partite sono state perse di poco. Molti affermano che il game plan della squadra sia molto dispendioso e poco produttivo. Qual è la tua opinione e, secondo te, su che aspetti ci si deve concentrare per rendere più efficace la grande difesa che siete in grado di fare?

L’anno scorso in molte di queste partite non eravamo assolutamente competitivi. L’aspetto più importante per vincere le partite è fare le scelte giuste sotto pressione nei momenti giusti, e per fare questo bisogna trovarsi in queste situazioni ed imparare da i tuoi errori. In passato non dovevamo prendere nessuna decisione su come vincere una partita perché semplicemente non eravamo in partita. Ora siamo consistenti e siamo in posizione di vincere e stiamo imparando a farlo.
Questo è l’aspetto che ha fatto la differenza nei due derby con le Zebre, nella capacità di ottenere il massimo da quello che c’era a disposizione. Il game plan e lo stile di gioco sono importantissimi ma se non sai eseguirli all’intensità dell’avversario sei destinato a raccogliere poco. Nella maggior parte delle situazioni non esiste una scelta completamente sbagliata o giusta… a fare la differenza è la capacità di eseguire con consistenza la scelta presa che fa la differenza sul risultato. E questa abilità si acquisisce giocando partite ad alta intensità ma soprattutto spingere gli standard di allenamento sempre verso la direzione in cui i giocatori escono dalla loro comfort-zone. Questo non è semplice perché da parte dei giocatori serve una straordinaria attitudine positiva al miglioramento ed un’applicazione maniacale in ogni dettaglio e su questo abbiamo ancora larghi margini di miglioramento ma già molti giocatori stanno facendo questa evoluzione.

Quando pensi che potranno essere annunciati i ritocchi di formazione per la prossima stagione?

Credo che nelle prossime settimane ci saranno più novità!

Come valuti la tua crescita professionale?

Ho scelto di allenare e sto imparando molto. All’inizio ogni allenatore pensa di avere le idee migliori e di poter cambiare il mondo, poi capisci che la pazienza e l’equilibrio sono gli aspetti fondamentali. Il mio compito è di permettere ai miei giocatori di vedere quale sia il loro pieno potenziale e poi aiutarli ad avere un metodo consistente per crescere attraverso il duro lavoro quotidiano. L’aspetto mentale della performance è centrale nel mio modo di lavorare e questo mi porta ad essere molto esigente nei confronti dei miei giocatori da un punto di vista di intensità di applicazione. L’apprendimento passa attraverso un desiderio intrinseco di miglioramento che è fondamentale per raggiungere standard che portano un giocatore ed una squadra ad essere competitivi con i migliori al mondo. Il lavoro mentale è soprattutto individuale e su questo sto facendo un lavoro molto interessante con alcuni giocatori che hanno già dimostrato con le loro performance quanto questo possa fare la differenza!

Sono concetti interessanti quelli espressi dall’ex-seconda linea della nazionale italiana. Il miglioramento personale dei giocatori e la capacità di eseguire ad alta intensità sono i nodi fondamentali da cui si passa per raggiungere un miglioramento delle prestazioni della squadra. Volendo ridurre tutto ad uno slogan si potrebbe dire: niente scorciatoie. Per noi seguaci del rugby italiano questo significa che possiamo sperare, per il presente e per le prossime stagioni, in prestazioni consistenti e, almeno in teoria, prive quei cali visti in passato.

Per completare il quadro ci sono anche le risposte di Marco Barbini, terza linea abile e veloce ma in cerca di continuità.

Come valuti, ad oggi, la stagione della tua squadra?

Sicuramente un’ottima stagione. Siamo partiti molto bene: sono state fatte delle analisi recentemente e abbiamo già vinto più partite quest’anno rispetto all’anno scorso. Ma oltre ai risultati anche l’attitudine è cambiata: delle partite che l’anno scorso avremmo perso agli ultimi minuti quest’anno alcune siamo riusciti a vincerle, anche se c’è ancora da migliorare.

L’obbiettivo della Benetton per questa stagione è il raggiungimento della qualificazione alla Champions Cup?

Ad inizio stagione si era pensato come obbiettivo di guardare a noi stessi e migliorare il nostro gioco e i risultati che sono quello che ne viene di conseguenza. Adesso, nella situazione in cui ci troviamo, capiamo che siamo ad 11 punti dalla zona play-off e che quindi dobbiamo continuare a migliorare giorno per giorno per puntare prima alla Champions Cup e poi appunto ai play-off.

E ritieni sia un obbiettivo verosimile?

Sì. Sarà difficile perché ovviamente molte squadre puntano agli stessi obbiettivi, ma abbiamo visto che soprattutto in casa nostra, ma anche all’estero, quest’anno possiamo combattere. Possiamo sfidare a testa alta qualsiasi squadra e quindi sicuramente l’obbiettivo è raggiungibile.

La tua stagione personale come la valuti?

La mia stagione è stata un po’ travagliata perché tornavo da un infortunio alla spalla e dopo poche partite ho avuto una ricaduta con un contraccolpo sempre alla stessa spalla e sono dovuto rimanere fuori un altro mese. Però adesso sono tornato e devo mettere su minutaggio per ritornare a livelli più alti dato che adesso ancora non sono al massimo. Però diciamo che devo pensare di tornare ai livelli che avevo un tempo attraverso il minutaggio quindi c’è ancora da lavorare per la mia stagione per concluderla al meglio.

Sono arrivate proprio ieri le convocazioni della nazionale e forse sei un po’ deluso per non essere in lista. L’impressione forse è che tu non faccia parte integrante dei piani di O’Shea. Cosa pensi di poter fare per ritornare in azzurro?

Sicuramente devo lavorare su me stesso, sulla continuità che mi è mancata per colpa di questi infortuni quindi adesso pensare di più ad essere un punto di riferimento per la mia squadra per poi provare ad avere altre possibilità più in alto. Però l’importante adesso è trovare continuità con la mia squadra.

Tu sei entrato nella rosa della Benetton quando l’allenatore era Casellato. Cosa è cambiato nella conduzione tecnica e societaria con l’arrivo di Crowley?

Ho visto comunque che è stato uno sviluppo che iniziato da quando c’era Umberto ed è continuato a crescere perché ci sono stati molti cambiamenti dal punto di vista societario e sicuramente anche con il cambiamento dell’allenatore ma si è cercato in tutti gli anni di migliorare. Si migliora quidni nel corso del tempo e certi meccanismi che ti portano ad essere più sereno e a performare meglio vengono affinati. Anche le modifiche alla squadra, le ideologie di gioco diverse, hanno portato ad una serenità migliore e portano a risultati migliori. Ma è un processo dovuto che richiede tempo.

I risultati stanno arrivando ma alcune partite sono state perse di poco. Contro i Cheethas si è visto forse per la prima volta un attacco capace di alzare deliberatamente il ritmo. Su che aspetti pensi ci sia ancora da lavorare per vincere di più e vincere le partite che ora vengono perse di poco?

Secondo me negli ultimi anni noi siamo stati un po’ abituati a rincorrere le altre squadre e invece adesso ci troviamo molte volte nella situazione che troviamo in partite in cui sono gli altri che devono rincorrere noi e forse ci manca un po’ di esperienza. Infatti ogni tanto siamo noi che ci mettiamo sotto pressione invece di mettere sotto pressione gli avversari per concludere il match in anticipo. Quindi ci manca questa esperienza e dovremo lavorare molto su questo aspetto della freddezza quando siamo al comando della partita.

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Dopo le tre vittorie di seguito in Guinnes Pro14 l’ambiante biancoverde traspira confidenza e voglia di lavorare. L’arrivo della Champions Cup, dalla quale Treviso non ha più niente da ottenere, e del Sei Nazioni, che sottrarrà moltissimi giocatori fondamentali alla squadra, non cade nel momento più adatto perché interrompe il ritmo trovato nelle ultime settimane. Ma la situazione non è di emergenza come a Parma o come lo è stata altri anni anche per la franchigia veneta. La profondità della rosa è una novità per le squadre italiane impegnate nel campionato celtico, così come lo è l’altro punto di forza di questa squadra: la stabilità che ha consentito la programmazione a lungo termine.
E se gli obbiettivi dichiarati sono ambiziosi è anche vero che non raggiungerli non sarebbe certo una disgrazia, perché questa è ancora una stagione di crescita e non una di arrivo.

Se facciamo infine un ultimo confronto con la situazione delle Zebre vediamo che Crowley è nella posizione di far fare turnover ai giocatori e di non perdere troppa competitività durante il Sei Nazioni. Ma la differenza più sostanziale è l’approccio diverso da parte dei due staff tecnici, con quello bianconero che ha deciso di partire dalla costruzione dell’attacco e di puntare all’esplosività, tralasciando però la difesa; mentre Crawley ha iniziato più di un anno e mezzo fa proprio con quest’ultima e ha costruito dalle fondamenta mattone dopo mattone. Sicuramente l’organico a Parma, con giocatori fantasiosi come Canna ed esplosivi come Giammarioli e Castello, si presta di più all’approccio impostato da Bradley, ma potrebbe essere stata proprio una scorciatoia come non ne vengono prese dalla Benetton, la cui unica nota dolente, forse, è che i giocatori più prolifici (dopo Esposito) sono purtroppo neozelandesi e forse solo di passaggio.

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