Intervista a Giancarlo Dondi

Dondi1foto: pramzanblog.com

Dopo quasi cinque mesi di silenzio StivaleOvale riapre grazie ad una collaborazione con Ludovico Guarneri di Fratelli di Rugby che, come un inviato speciale, è andato a Parma ad intervistare il presidente Giancarlo Dondi, nel suo studio, alla “Cittadella del Rugby” di Parma, presso la sede del Comitato Regionale Emiliano della FIR.
Sono sei anni che Dondi, che da giocatore, negli anni ’50 e ’60, ha ricoperto i ruoli di seconda e terza linea a Parma e alle Fiamme Oro di Padova, non è più presidente della Federazione Italiana Rugby. Sei anni in cui Dondi è stato presidente onorario FIR e membro del board di World Rugby, e che rappresentano un tempo sufficiente per guardare indietro al lungo periodo passato alla guida del movimento italiano e, magari, dare qualche giudizio sul passato e sul presente del movimento rugbistico italiano.
Quì di seguito l’intervista completa…

Sono passati 21 anni da quel 21 settembre 1996 in cui Lei fu eletto per la prima volta presidente della FIR; Sotto la sua presidenza l’Italia vinse la sua prima Coppa Europa, battendo la Francia in finale per la prima volta nella storia del rugby azzurro, e riuscì a ottenere l’ammissione al torneo delle Cinque Nazioni.
Rieletto per altre tre volte alla guida del rugby italiano la sua presidenza ha coinciso con l’ingresso dell’Italia nel Gotha del rugby mondiale. In termini politici almeno, se non proprio in quelli tecnico-sportivi.
C’è qualcosa che non rifarebbe e qualcosa che invece si pente di non aver fatto in questi 16 anni in cui ha guidato l’Italia rugbistica?

Penso proprio che non sia stata una coincidenza fortuita la nostra entrata nel Sei Nazioni con l’inizio del mio mandato di Presidenza, ma il successo di un progetto, iniziato nel 1989 quando da vicepresidente della FIR ebbi l’incarico di manager della nazionale maggiore.
Credo che l’essere riusciti, in soli 10 anni, a battere Francia, Irlanda, Scozia, Galles e Argentina abbia attirato su di noi l’attenzione del mondo rugbistico e sia stato fondamentale per aprirci le porte dell’allora “Five Nations”. Rispondendo alla seconda parte della sua domanda, posso dirle che con il “senno di poi”, molte sono le cose che non rifarei nell’esatto modo in cui le ho fatte, in ogni caso visti i risultati raggiunti, non ho nulla da rimproverarmi per quello che ho fatto.

Oggi, dal punto di vista tecnico-organizzativo il rugby italiano è nelle mani di Conor O’Shea e Stephen Aboud, lo ritiene un fatto positivo?

Sono due tecnici seri e competenti e con il tempo sicuramente vedremo i risultati del loro lavoro.

I suoi rapporti personali con Gavazzi, si sa, non sono molto buoni, cosa rimprovera all’ex G.M. del Calvisano nella gestione della FIR e, se ci sono, quali meriti gli riconosce?

Io definisco più che buono il mio rapporto personale con Alfredo Gavazzi. E’ vero che in passato abbiamo avuto opinioni diverse sul modo di affrontare alcuni fatti e alcuni progetti, ma ora io sono fuori da ogni tematica gestionale, il Presidente FIR è lui e la politica federale gli compete in toto. E’ un grande lavoratore e l’unico consiglio che potrei dargli è quello di essere, qualche volta, più diplomatico.

Veniamo alle Zebre. Le Zebre sono a Parma per una sua precisa volontà. Nella storia del

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Giancarlo Dondi con la maglia del Parma, 1958. (Foto: Wikpedia)

rugby italiano l’epopea di Parma al vertice agonistico della palla ovale italiana ha coinciso con gli anni in cui Lei era giocatore, poi è via via scemata la sua importanza sportiva pur restando una terra produttrice di ottimi giocatori: Giovannelli, Ghini, Frati, Violi ecc. Lei ritiene che le Zebre debbano continuare a restare a Parma? E che giudizio da della “privatizzazione” andata male?

Non è vero che le Zebre siano a Parma per una mia “precisa” volontà. Fosse per me, sarebbero ancora a Viadana con il nome “Aironi”. Sono stati seri ed insuperabili problemi finanziari a determinare la ricerca di un’altra soluzione alla franchigia e la soluzione logisticamente più idonea fu trovata a Parma. Al momento non credo esistano serie alternative per uno spostamento da Parma della franchigia. Quanto alla privatizzazione, credo sia partita male e finita peggio. Isolare con un voto della maggioranza dei soci, dal CDA della società, i rappresentanti di Parma e Noceto ha significato togliere potenzialità alla compagine sociale. Io stesso, socio di minoranza, dopo quel voto, sono stato, di fatto, costretto ad andarmene e invitato a disinteressarmi delle vicende societarie.

Quest’anno sono assunti alla ribalta nazionale un bel numero di ragazzi giovani, molti dei quali sono proprio nell’organico delle Zebre, che giudizio della capacità dimostrata dalla squadra parmense di far bene in Celtic?

Penso sia una cosa molto positiva per tutto il movimento, a dimostrazione che il lavoro delle Accademie sta dando i risultati sperati. Le Zebre, anche per necessità di organico, hanno puntato sui giovani e stanno avendo grandi soddisfazioni. Credo sia la strada giusta anche per l’immediato futuro.

Molti suoi critici affermano che Lei, da presidente della Fir, ha fatto una guerra senza quartiere alla Benetton e affossato gli Aironi. Ha qualcosa da dire in proposito?

Sono assolutamente certo di non avere fatto mai la guerra a nessuno, né tantomeno di avere affossato gli Aironi. Come già accennato sopra, chi afferma cose diverse non è informato sui fatti. Quanto a Treviso, colgo anzi l’occasione di questa intervista per ringraziare la Benetton per quello che ha fatto per il rugby nel nostro paese. Può essere ci sia stata qualche divergenza di vedute, ma certamente non è mai venuto meno il corretto rapporto personale e la collaborazione istituzionale. Senza la Benetton, probabilmente, sarebbe stato molto più difficile avere l’Italia nel Sei Nazioni.

3 commenti su “Intervista a Giancarlo Dondi

  1. ginomonza ha detto:

    Beh si ricomincia sperando di non fermarci ancora!
    Auguri a tutti.

  2. Mez10 ha detto:

    Bentornato B e grazie Ludovico!

  3. Ugo Pierato ha detto:

    un accenno alle giovanili che negli anni precedenti avevano ottenuto buoni risultati con tourné
    e in francia, inghilterra e scozia, con 4 f.i.r.a. quattro finali una delle quali vinta a Varsavia, sarebbe stato opportuna per comprendere come siamo arrivati al sei Nazioni, senza dimenticare indubbiamente il lavoro politico dei nostri dirigenti di allora fra i quali G.Carlo Dondi:
    Ugo da Venezia

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